Nel corso della mia esperienza professionale nel trattamento e smaltimento rifiuti mi sono reso conto che, se da una parte per molti materiali l’unica via è il conferimento in discarica o a termodistruzione (perché contaminati da oli, idrocarburi, etc…), altrettanti materiali che invece vengono conferiti a discarica si possono provare a recuperare o rigenerandoli (come i catalizzatori), o inserendoli come materia prima seconda in altri processi industriali. Avendo lavorato in passato nell’ambito dei materiali per le costruzioni (cemento, calcestruzzo, cartongesso), ho fatto delle ricerche nella letteratura scientifica su quali materiali, usualmente rifiuti, siano stati studiati come aggregati artificiali nelle miscele per malte e calcestruzzi. Ho tralasciato volutamente materiali già “collaudati” ed in uso da un buon trentennio e più come la cenere volante, il fumo di silice, la loppa d’altoforno, per concentrarmi su materiali più “alternativi”, e devo dire che i risultati delle mie ricerche sono stati “sorprendenti”. Mi sono soffermato, con grande curiosità, sugli studi e le ricerche riguardanti l’impiego del vetro (proveniente dalla raccolta differenziata – che sia in Italia o all’estero, poco cambia): la letteratura al riguardo è notevole!
Il vetro, di per sé, è un materiale amorfo contenente una grande quantità di SiO2, e può essere riutilizzato diverse volte senza perdita delle proprietà chimiche. Gli studi e le ricerche che ho consultato (e di cui vi offro i punti salienti) utilizzano il vetro delle comuni bottiglie (vetro alla calce-soda, la cui composizione chimica è 73% SiO2, 5% CaO, 16% Na2O) come sorgente per gli aggregati artificiali. Gli studiosi hanno individuato due strade per provare ad utilizzare questa tipologia di aggregati (previa pulizia e rimozione di contaminanti quali etichette, tappi, residui di carta/cartone) come materia prima seconda:
1. Macinare il vetro fino ad ottenere una “polvere” dalle dimensioni <100 µm, per utilizzarla in sostituzione del cemento (e quindi provare a sfruttare la sua probabile reattività pozzolanica);
2. Frantumare il vetro fino a granulometrie tipiche di una sabbia fine o più grossolana, per utilizzarlo come sostitutivo del corrispondente aggregato naturale.
L’aggregato vetroso ha una superficie più liscia rispetto ad un aggregato naturale (praticamente non assorbe acqua) e pure una natura più spigolosa (dovuta alle operazioni di frantumazione/macinazione), per cui i ricercatori hanno dovuto studiare il comportamento dei calcestruzzi allo stato fresco ed indurito quasi caso per caso. Vediamo nello specifico benefici e problematiche per entrambe le tipologie di materiale.
“POLVERE” VETROSA
POLVERE VETROSA IN SOSTITUZIONE DEL CEMENTO. Molti studi e ricerche dimostrano come le “polveri” vetrose promuovano la formazione di C-S-H secondario (reazione pozzolanica, che vede coinvolta la silice del vetro), quando queste ultime sono utilizzate in parziale sostituzione del cemento stesso. Chimicamente, la reazione pozzolanica è la seguente:
SiO2 + Ca2+ + 2OH- → n1CaO ∙ SiO2 ∙ n2H2O
La cinetica della reazione di formazione del C-S-H è più favorevole (quindi più veloce) rispetto a quella della formazione della sostanza gelatinosa tipica della reazione Alcali-Silice (promossa anch’essa dalla silice del vetro che reagisce con gli alcali del cemento, il quale a sua volta contiene piccole quantità di ossidi di metalli alcalini - Na2O e K2O - che idratandosi aumentano di volume), che porta a fenomeni di natura fessurativa e a deterioramento del calcestruzzo. Chimicamente, la reazione ASR è la seguente:
SiO2 + 2 Na+(K+) + 2 OH- → Na2(K2) ∙ SiO3 ∙ H2O
Essendo la reazione pozzolanica più veloce, essa va a compensare, se non inibire, l’eventuale reazione alcali-silice. I benefici che ne conseguono sono: a livello di proprietà meccaniche, resistenze alle lunghe stagionature anche superiori a quelle dei relativi campioni di confronto confezionati con il solo cemento Portland; a livello di durabilità, migliori resistenze agli agenti aggressivi (cloruri, solfati, cicli gelo-disgelo, reazione alcali-silice stessa). Questa proprietà è stata ampiamente sfruttata dai ricercatori, che hanno studiato da una parte molte combinazioni tra “polveri” di vetro ed altri materiali ad attività pozzolanica in sostituzione del cemento, tipo loppa d’altoforno [“Studies on mortars containing waste glass bottles and industrial by-products” di O. Özkan e I. Yüksel - Construction and Building Materials 22 (2008), 1288-1298] o cenere volante [“The combined use of ground waste glass with an industrial by-product in manufacturing Portland Cement mortar” di A. Yilmaz e N. Degirmenci - Advances in Cement Research 22 (2010), 73-80]; dall’altra un utilizzo combinato delle polveri e di “aggregati” artificiali, sempre di natura vetrosa, ma impiegati come sostituenti degli aggregati naturali (che fosse una sabbia fine – 0 ÷ 4 mm - o un aggregato un po’ più grossolano – 4 ÷ 16 mm), nell’ottica di sviluppare delle miscele sempre più eco-friendly [“Study on the effect and mechanism of alkali-silica reaction expansion in glass concrete” di D. Huang, P. Sun, P. Gao, G. Liu, Y. Wang, X. Chen - Sustainability 13 (2021) 10618].
POLVERE VETROSA E AGGREGATI DI RICICLO. Alcuni autori hanno studiato il possibile effetto sinergico tra questi due materiali da recupero [“Strength and durability of recycled aggregate concrete containing milled glass as partial replacement for cement” di R.U.D. Nassar, P. Soroushian - Construction and Building Materials 29 (2012), 368-377], scoprendo evidenti benefici nei calcestruzzi di prova confezionati: la presenza della polvere vetrosa va a controbilanciare e risolvere tutti i “problemi” soliti dei calcestruzzi con aggregati di riciclo provenienti dalle attività di costruzione e demolizione (ossia maggiore richiesta d’acqua, minori resistenze meccaniche, problemi relativi alla durabilità).
“AGGREGATO” VETROSO
TRATTAMENTO PRELIMINARE. P. Spiesz, S. Rouvas, H.J.H. Brouwers in Utilization of waste glass in translucent and photocatalytic concrete [Construction and Building Materials 128 (2016), 436-448], provano a confezionare delle malte anche con aggregati ottenuti dalla macinazione del vetro “tal quale” (cioè nè lavato né asciugato) ottenendo risultati piuttosto “disastrosi”. Questa tipologia di aggregati ha richiesto maggiore quantità d’acqua per il mantenimento della lavorabilità, contribuendo così sia ad una completa distorsione delle reazioni di idratazione del cemento, sia ad un eccessivo ritardo dei tempi di presa e ad un crollo delle resistenze meccaniche a flessione e a compressione: queste ultime alle brevi stagionature non sono state nemmeno quantificabili, mentre a 28 giorni hanno variato (rispetto ad un mix di riferimento confezionato senza alcun tipo di aggregato vetroso) da un -60% ad un -80%.
INFLUENZA DELLA TIPOLOGIA DI COLORE. H. Du e K.H. Tan in Use of Waste Glass as Sand in Mortar: Part I – Fresh, Mechanical and Durability Properties [Cement & Concrete Composites 35 (2013), 109-117] studiano le proprietà di malte contenenti aggregati derivanti dalla frantumazione di bottiglie di vetro di colore verde, chiaro e di colore misto. Gli autori hanno scoperto che il vetro chiaro, durante la frantumazione, è la tipologia che subisce maggiormente il propagarsi di fessurazioni, per cui le miscele confezionate con questa tipologia vedono penalizzate le proprie prestazioni meccaniche in maniera maggiore rispetto alle miscele confezionate con gli aggregati vetrosi delle altre colorazioni. Inoltre gli autori hanno riscontrato che il vetro di colore chiaro è la tipologia che risente della reattività agli alcali, e proprio il fatto che durante la frantumazione si siano generate delle fessurazioni (nettamente maggiori che nei vetri delle altre colorazioni) suggerisce di non utilizzare il vetro chiaro “da solo”, ma in miscela con le altre tipologie di vetro colorato [consiglio anche l’articolo “Enhancing the performance of pre-cast concrete blocks by incorporating waste glass – ASR considerations” di C.S. Lam, C.S. Poon, D. Chan - Cement & Concrete Composites 29 (2007), 616-625].
INFLUENZA DELLA TIPOLOGIA DI VETRO UTILIZZATO. Se il vetro alla calce-soda sembrerebbe essere buono per un suo utilizzo nel calcestruzzo o nelle malte, non è detto che lo siano altre tipologie di vetro. S.Maschio, G. Tonello, E.Furlani in “Recycling Glass Cullet from Waste CRTs for the Production of high Strength Mortars” [Journal of Waste Management 4 (2013)] ottengono l’aggregato vetroso, da utilizzare come sostitutivo dell’aggregato naturale, dalla frantumazione del vetro contenuto nei rifiuti elettronici (RAEE). A differenza dei comuni vetri alla calce-soda, questa tipologia di vetri contiene meno SiO2 (circa il 60%) e meno alcali (Na2O 7% e K2O 6%), ma in essi sono presenti ossidi di metalli pesanti (SrO 5%, PbO 8%, BaO 6%). Gli autori riscontrano che si può arrivare ad una percentuale di sostituzione del 10% per avere resistenze a compressione alle lunghe stagionature (90 e 180 giorni) anche superiori a quelle delle malte di riferimento confezionate senza l’aggregato vetroso, ma ne sconsigliano l’impiego in dosi maggiori, in quanto peggiorerebbero le prestazioni a livello meccanico.
EFFETTI SINERGICI CON ALTRE AGGIUNTE POZZOLANICHE. Una buona soluzione di compromesso a livello prestazionale (come avevamo visto essere per la “polvere” vetrosa) sarebbe quella di utilizzare in combinazione sia l’aggregato vetroso (in parziale sostituzione della sabbia naturale ad esempio), e contemporaneamente un materiale ad attività pozzolanica (tipo fumi di silice, ceneri volanti) in parziale sostituzione del cemento. Questo permetterebbe il controllo della possibile reazione ASR, a cui si aggiungerebbero i benefici delle aggiunte pozzolaniche alla matrice cementizia (riguardanti la minore porosità e la maggiore resistenza agli agenti aggressivi), a prescindere dal colore dei vetri di origine con cui è stato ottenuto l’aggregato [“Use of waste glass as sand in mortar: Part II – Alkali-silica reaction and mitigation methods” di H. Du e K.H. Tan - Cement & Concrete Composites 35 (2013), 118-126].
All’interno dello studio condotto da J-X. Lu, B-J. Zhan, Z-H. Duan, C.S. Poon in “Using glass powder to improve the durability of architectural mortar prepared with glass aggregates” [Materials and Design 135 (2017), 102-111] gli autori studiano l’applicabilità di un mix di vetri alla calce-soda proveniente dall’attività di raccolta differenziata per un uso architettonico, di colore misto, macinato fino ad ottenere una polvere di diversa finezza (dal diametro medio compreso nell’intervallo 28.3-204 µm) da impiegarsi per confezionaredelle malte sostituendo il 20% del cemento; in aggiunta una gran parte di aggregato naturale è rimpiazzato dal corrispettivo aggregato vetroso (di modo che oltre il 70% della totalità della frazione di aggregato fosse di origine vetrosa). Gli autori ottengono risultati interessanti da questa sinergia in due proprietà. La prima è la resistenza alle alte temperature, parte dello studio che potrebbe simulare una possibile resistenza al fuoco di questa combinazione di aggregati. Nonostante l’inevitabile crollo delle prestazioni meccaniche dopo un trattamento termico a 800°C (a causa della decomposizione del C-S-H e del diverso comportamento alle alte temperature del vetro e della pasta cementizia), la presenza della polvere vetrosa (< 50 µm), che manifesta attività pozzolanica, contrasta la dilatazione dei pori della malta dovuta alle alte temperature: le malte contenenti la polvere vetrosa conservano una maggiore densità strutturale che permette il mantenimento di una maggior quantità di pori nell’intervallo 50-200 nm, al contrario di quanto avviene nelle malte senza la polvere vetrosa, dove invece il diametro dei pori in seguito all’esposizione alle alte temperature aumenta notevolmente oltre i 1000 nm. La seconda è la resistenza all’attacco dell’H2SO4 (che porta alla decomposizione sia del C-S-H sia delle fasi contenenti alluminato). Le malte che contengono la polvere più fine non subiscono riduzione di massa in seguito all’esposizione all’acido (+2% dopo 8 settimane), mentre quelle con le polveri più “grossolane” registrano una perdita di massa piuttosto contenuta (-2%), rispetto al -12% di quelle senza le polveri vetrose. Gli autori spiegano questo comportamento attribuendolo sia al contributo della velocità della cinetica di reazione tra il Ca(OH)2 (più vulnerabile all’attacco acido) e la silice del vetro (reazione pozzolanica), sia alla minore formazione di ettringite e gesso (prodotti secondari più voluminosi che si formano nelle prime 3 settimane di maturazione) sulla superficie delle malte, con conseguente minore sviluppo di fenomeni espansivi.
APPLICAZIONI PRATICHE
Molti degli studi riguardo l’impiego di questo tipo di materiale vede un possibile utilizzo per malte ad uso architettonico, dove poter sfruttare gli effetti di lucentezza dati dal vetro: cito come esempi gli articoli “Using glass powder to improve the durability of architectural mortar prepared with glass aggregates” di J-X. Lu, B-J. Zhan, Z-H. Duan, C.S. Poon [Materials and Design 135 (2017), 102-111], o “Recycled glass as aggregate for architectural mortars” di F. Tittarelli, C. Giosué, A. Mobili [International Journal of Concrete Structures and Materials (2018) 12:57] o quello di P. Spiesz, S. Rouvas e H.J.H. Brouwers citato in precedenza.
Se vogliamo invece trovare pubblicazioni su applicazioni più “cantieristiche” dell’utilizzo del vetro nelle miscele per calcestruzzo, consiglio “Enhancing the performance of pre-cast concrete blocks by incorporating waste glass – ASR considerations” di C.S. Lam, C.S. Poon, D. Chan [Cement & Concrete Composites 29 (2007), 616-625] in cui si studia l’applicabilità di aggregati di vetro frantumato di colore misto per fabbricare blocchi in calcestruzzo per pavimentazioni, oppure “Performance of glass-powder concrete in field applications” di A. Omran e A. Tagnit–Hamou [Construction and Building Materials 109 (2016), 84-95] dove gli autori studiano calcestruzzi contenenti dal 10 al 30% di polvere di vetro (di dimensioni ≤ 40 µm) in luogo del cemento per la realizzazione di manufatti interni ed esterni (come lastre e sezioni di marciapiedi) in alcuni cantieri del Canada, ottenendo risultati incoraggianti per tutte le proprietà meccaniche e di durabilità prese in considerazione.
CONSIDERAZIONI FINALI
In linea di massima gli studiosi convergono più o meno tutti nell’affermare che si possa tranquillamente arrivare ad un impiego del 30% circa sia di “polvere” vetrosa in luogo del cemento, sia di “aggregato” come sostituente degli aggregati naturali senza intaccare in maniera significativa le proprietà dei relativi calcestruzzi confezionati. Utilizzi più eco-friendly, ma più “estremi” devono essere poi valutati caso per caso, ma in nessuno dei testi che ho consultato è stato escluso a priori un utilizzo di questo materiale per usi “strutturali”. Vero è che sul piatto della bilancia occorre mettere anche la disponibilità del materiale, i costi del trasporto, gli eventuali costi di trattamento preliminare del materiale, della frantumazione/macinazione per ottenere gli aggregati o la polvere alla finezza voluta. La cosa buona è che a livello tecnico il materiale sembra offrire risultati interessanti per un suo impiego su più larga scala.
Dr. Simone Capra
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