INTRODUZIONE
L’industria metallurgica è sempre stata un buon alleato per l’industria del cemento e del calcestruzzo: scaglie di laminazione, loppa d’altoforno e scorie varie sono da decenni utilizzate o come materia prima seconda nella produzione del cemento o come aggregato artificiale nel calcestruzzo, dove la sabbia di fonderia (Foundry Sand) trova applicazione. Essa viene impiegata come materiale di formatura per la colata dei getti, ed è costituita prevalentemente da sabbia quarzifera (85-95%), da piccole percentuali di legante (4-10%), da un additivo a base carbonio (polvere di grafite 2-10%) e dalle impurezze dei metalli con i quali è stata in contatto. I “leganti” devono tenere unita la sabbia, compattarla e formarla secondo il modello desiderato. Queste sabbie vengono riutilizzate più volte all’interno della stessa industria metallurgica e solo la parte che, dopo parecchi cicli, ha perso le caratteristiche desiderate ed è diventata inutilizzabile, viene sostituita e costituisce un materiale di scarto. Prima però di essere riutilizzata, la sabbia deve essere pulita da altri rifiuti o da particelle di altre dimensioni. La sabbia di fonderia viene classificata come rifiuto speciale non pericoloso, ed in base al tipo di legante che contiene, viene generalmente classificata come:
· GREEN SAND, se il legante è un’argilla, tipo la bentonite (4-10%);
· CHEMICALLY BONDED SAND, se il legante è un legante chimico attivato da un catalizzatore (1-3%). A sua volta il legante può essere inorganico (silicato di sodio) oppure organico (tipo una resina epossidica, uretanica, fenolica).
La sabbia di fonderia ha una distribuzione granulometrica molto uniforme, tendenzialmente più fine di quella di un tipico aggregato naturale sabbioso (generalmente le dimensioni sono comprese tra 150 e 600 µm). In questo excursus riassumo i lavori, che ritengo più significativi, pubblicati nella letteratura scientifica sull’utilizzo di questa tipologia di materiale come sostitutivo dell’aggregato naturale fine, con lo scopo di trovare il maggior quantitativo di sabbia di fonderia che permetta di ottenere malte e calcestruzzi senza penalizzare eccessivamente le caratteristiche di lavorabilità, le prestazioni meccaniche e le caratteristiche di durabilità. La maggior parte degli studi si concentra sulla “green sand”, ma risultati molto lusinghieri sono stati ottenuti anche per l’altra tipologia.
GREEN SAND
STUDI DI MISCELE PER CALCESTRUZZI TRADIZIONALI. Uno dei ricercatori che ha lavorato molto su questo materiale è Rafat Siddique, che ha prodotto dei lavori dove promuove a pieni voti le potenzialità della sabbia di fonderia come sostitutivo della sabbia naturale, ottenendo miscele per calcestruzzo con prestazioni meccaniche addirittura migliori, rispetto a quelle dei mix con i soli aggregati naturali, in modo direttamente proporzionalmente al quantitativo di sabbia sostituita: ad esempio, la sabbia di fonderia impiegata, dosata al 30% in sostituzione dell’aggregato naturale fine,
permette di ottenere un incremento delle resistenze a compressione del 10% a 28 giorni e del 20% a 365 giorni [1], ed una migliore resistenza all’abrasione [2]. Tale miglioramento prestazionale si deve al maggior quantitativo di SiO2 ed alla maggiore finezza della sabbia di fonderia, che permettono di produrre un calcestruzzo con una matrice più densa, meno porosa, con un reticolo di C-S-H più fitto.
Risultati un po’ in controtendenza sono stati ottenuti da numerosi altri autori, dai cui lavori si evince comunque che malte e calcestruzzi ad uso strutturale possono essere prodotti sostituendo parzialmente la sabbia naturale con la sabbia di fonderia. S. Monosi e altri [3], studiando l’utilizzo di una sabbia di fonderia (dalla granulometria inferiore ai 500 µm), scoprono che la sua presenza penalizza la lavorabilità che, per essere riportata a valori adeguati, necessita dell’aumento del dosaggio di additivo superfluidificante. Questa è una caratteristica che viene riscontrata nella maggior parte degli studi successivi che prenderemo in considerazione: la sabbia di fonderia “green sand” contiene un mix eterogeneo di particelle arrotondate ed altre più spigolose, oltre ad essere più fine della sabbia naturale e a contenere un legante argilloso e silice (entrambi particolarmente idrofili) che attraggono acqua sulla loro superficie, motivo per cui occorre un maggior quantitativo di additivo superfluidificante, all’aumentare del quantitativo di sabbia di fonderia, per poter mantenere la lavorabilità. Inoltre, per dosaggi superiori al 10%, viene rilevata una penalizzazione nella resistenza meccanica a compressione direttamente proporzionale alla quantità di sabbia di fonderia: la maggior finezza dell’aggregato artificiale e la presenza di argilla e grafite contribuiscono sia all’indebolimento del legame tra sabbia e pasta cementizia sia ad un ritardo nell’idratazione del cemento. Queste peculiarità si riflettono anche nella diminuzione del modulo elastico dei calcestruzzi di circa il 6% (rispetto ai corrispondenti mix con solo aggregato naturale) e ad un aumento del ritiro igrometrico. È interessante notare che il calo di resistenza meccanica sia maggiore per i mix con minore (a/c), per tanto gli autori suggeriscono che una riduzione del (a/c) al di sotto di 0.50 non risulti conveniente (il vantaggio prestazionale che ne deriverebbe sarebbe controbattuto dal maggior dosaggio di superfluidificante richiesto). Anche il rapporto costi/benefici di un eventuale lavaggio della sabbia di fonderia sarebbe da valutare bene perché a loro avviso, non consentendo una totale eliminazione della frazione argillosa, non condurrebbe ad un totale recupero prestazionale.
STUDI DI FATTIBILITÁ PER CALCESTRUZZI SPECIALI (HSC). Y. Guney e altri [4] studiano l’applicabilità di sabbie di fonderia (in percentuali del 5, 10 e 15% in peso) per la produzione di calcestruzzi HSC con resistenza a compressione a 28 giorni di 65 MPa, riuscendo ad ottenerla a 56 giorni con i mix aventi il 10% di sabbia di fonderia: la spiegazione fornita dagli autori è che a quella percentuale e con la finezza propria della sabbia artificiale, ci sia un miglior riempimento dei vuoti nei calcestruzzi confezionati (con le altre percentuali di sostituzione gli autori non raggiungono prestazioni simili). Sottoposto poi a cicli di gelo-disgelo, il mix con il 10% di sabbia di fonderia ottiene resistenze a compressione inferiori solo del 10% in confronto al mix con i soli aggregati di origine naturale.
INFLUENZA DEL PROCESSO INDUSTRIALE DA CUI SI OTTENGONO LE SABBIE. S. Monosi e altri [5] provano a capire se e come diversi processi industriali da cui si ottengono sabbie di fonderia possano influire sulle caratteristiche dei calcestruzzi. A tale scopo, utilizzano due tipologie di sabbie di
fonderia in sostituzione di frazioni del 20% e 30% dell’aggregato fine naturale: l’una costituita dal materiale frantumato (UFSa), l’altra dalle polveri di aspirazione della frantumazione (UFSb). Indipendentemente dalla tipologia di aggregato artificiale impiegato e dal suo dosaggio, nei mix contenenti sabbia di fonderia le resistenze meccaniche diminuiscono a causa dell’indebolimento del legame tra pasta cementizia e aggregato (causato sia dal legante a base argillosa sia dall’additivo a base carbonio, di loro natura estremamente fini, presenti nella sabbia di fonderia). Le malte confezionate con UFSb, che delle due sabbie è quella che contiene più legante ed un maggior quantitativo di parti fini, sperimentano la maggior riduzione di resistenza meccanica a 28 giorni (20% UFSb → - 40% resistenza a compressione).
SINERGIA CON ALTRI MATERIALI DI SCARTO. M. Sahmaran e altri [6] studiano miscele per calcestruzzo SCC combinando contemporaneamente la sabbia di fonderia in sostituzione dell’aggregato naturale e la cenere volante in sostituzione del cemento Portland. La presenza della cenere volante, che sappiamo esercitare un effetto fillerizzante e manifestare attività pozzolanica alle lunghe stagionature, permette una compensazione della perdita di prestazioni meccaniche dovuta alla presenza della sabbia di fonderia. Gli autori, combinando opportunamente le sabbie e le ceneri (miscele con almeno il 30% di cenere volante), riescono ad ottenere calcestruzzi SCC che raggiungono resistenze a compressione ≈ 40 MPa a 28 giorni e ≈ 50 MPa a 90 giorni, migliorando anche le caratteristiche di durabilità sia in termini di riduzione della penetrazione degli agenti aggressivi sia di riduzione del ritiro igrometrico. Il vantaggio di una tale strategia sarebbe quello di massimizzare la sostenibilità delle miscele di calcestruzzo: ben due materiali di scarto verrebbero impiegati, e l’impiego di cenere volante permetterebbe pure di “liberalizzare” la percentuale di sabbia di fonderia impiegabile, che ad opinione degli autori potrebbe anche sostituire integralmente la frazione di aggregato naturale.
Nell’ottica di massimizzare la sostenibilità delle miscele di calcestruzzo si pone anche il lavoro di Y. Aggarwal e R. Siddique [7], dove si studiano miscele di calcestruzzo combinando insieme eguali percentuali di sabbia di fonderia e ceneri di carbone come sostitutivo dell’aggregato fine naturale. Tra tutti i mix di prova, il miglior compromesso tra lavorabilità e prestazioni meccaniche è rappresentato dal mix 15% sabbia + 15% ceneri di carbone, dove in questo caso è la sabbia di fonderia ad esercitare un’azione compensatoria nei confronti della cenere, il cui utilizzo in “singolo” porterebbe ad una diminuzione della resistenza a compressione. Gli autori, tramite microscopia SEM, scoprono che quel mix è quello con la miglior densità a livello microstrutturale e con il miglior legame tra aggregato e pasta cementizia, perché è quello in cui si sviluppa il miglior reticolo di gel di C-S-H intorno alle particelle di sabbia e cenere. Questi due prodotti di scarto, se ben combinati, possono portare a produrre calcestruzzi con prestazioni del tutto simili a calcestruzzi “tradizionali”.
SABBIE DI FONDERIA “CHEMICALLY BONDED”
T. Manoharan e altri [8] studiano l’applicabilità di una sabbia di fonderia, in sostituzione dell’aggregato sabbioso naturale, contenente silicato di sodio come legante, confezionando miscele per calcestruzzo dove, fino al 20% di sostituzione, le resistenze meccaniche a compressione (a 28 giorni) sono praticamente identiche a quelle del campione senza aggregati artificiali.
K. Rashid e S. Nazir [9] in “A sustainable approach to optimum utilization of used foundry sand in concrete” [Science and Engineering of Composite Materials 25 (5), (2018), 927-937] studiano il possibile utilizzo di due diverse tipologie di sabbia di fonderia: l’una contenente silicato di sodio, l’altra una resina fenolica. Al contrario dei risultati ottenuti utilizzando sabbie di fonderia con un legante di tipo argilloso, i mix contenenti la sabbia di fonderia con legante chimico vedono la propria lavorabilità migliorare all’aumentare della percentuale di sabbia di fonderia stessa. Rispetto ai calcestruzzi confezionati con il solo aggregato naturale, i calcestruzzi contenenti le sabbie di fonderia utilizzate nel caso studio conoscono tutti una perdita di resistenza a compressione, anche se di diversa percentuale a seconda della natura della sabbia stessa: dai dati ottenuti la soluzione migliore sarebbe quella che prevede il 20% di sabbia di fonderia contenente il legante a resina fenolica, a cui corrisponde mediamente una perdita di resistenza a compressione solamente del 3% ad ogni stagionatura.
Anche M. Mavroulidou e D. Lawrence [10] studiano calcestruzzi con una sabbia di fonderia avente come legante una resina fenolica. La tipologia di sabbia utilizzata in questo caso studio ha una conformazione più omogenea rispetto ad una “green sand”, essendo costituita da particelle dalla forma quasi integralmente arrotondata. Non vengono registrati cali nelle resistenze a compressione, trazione né nel modulo elastico ad alcuna stagionatura nei calcestruzzi di prova per ogni grado di sostituzione, tantomeno si verifica alcuna reazione espansiva tipo ASR per reazione tra silice della sabbia e alcali del cemento, tutti risultati positivi dovuti da una parte alla maggiore uniformità nella forma ed al benefico effetto fillerizzante, dall’altra al maggior quantitativo di Si della sabbia di fonderia stessa che favorisce lo sviluppo di un regolare reticolo di C-S-H.
CONCLUSIONI
Alla luce dei risultati ottenuti dai vari ricercatori, sarebbe possibile un utilizzo di questo tipo di materiale, in sostituzione dell’aggregato fine di origine naturale, per calcestruzzi strutturali? Sembrerebbe di SI! In generale, le resistenze meccaniche ottenute dai vari mix di prova testati, per percentuali di impiego della sabbia di fonderia in percentuali intorno al 20-30%, raggiungono valori più che accettabili per conglomerati ordinari. Meglio conbinarne l’impiego con altri materiali ad attività pozzolanica, massimizzando così il risparmio in termini di impiego di risorse naturali e di cemento. Se possibile, sarebbe anche meglio un lavaggio preventivo della sabbia di fonderia, atto ad eliminarne eventuali impurezze e a ridurre la concentrazione di ioni alcalini che potrebbero avere effetti nocivi in termini di un’accelerazione delle reazioni di idratazione del cemento alle brevi stagionature.
BIBLIOGRAFIA
[1] R. Siddique, G. de Schutter, A. Noumowe, “Effect of used-foundry sand on the mechanical properties of concrete”, Construction and Building Materials 23 (2008), 976-980.
[2] R. Siddique, G. Singh, “Abrasion Resistance and Strength Properties of Concrete containing Waste Foundry Sand”, Construction and Building Materials 28 (2012), 421-426.
[3] S. Monosi, D. Sani, F. Tittarelli, “Used foundry sand in cement mortars and concrete production”, The Open Waste Management Journal 3 (2010), 18-25.
[4] Y. Guney, Y.D. Sari, M. Yalcin, A. Tuncan, S. Donmez, “Reusage of waste foundry sand in high-strenght concrete”, Waste Management 30 (2010), 1705-1713.
[5] S. Monosi, F. Tittarelli, C. Giosué, M.L. Ruello, “Effect of two different sources and washing treatment on the properties of UFS by-products for mortar and concrete production”, Construction and Building Materials 44 (2013), 260-266.
[6] M. Sahmaran, M. Lachemi, T.K. Erdem, H.E. Yücel, “Use of spent foundry sand and fly ash for the development of green self-consolidating concrete”, Materials and Structures 44 (2011), 1193-1204.
[7] Y. Aggarwal, R. Siddique, “Microstructure and properties of concrete using bottom ash and waste foundry sand as partial replacement of fine aggregates”, Construction and Building Materials 54 (2014), 210-223.
[8] T. Manoharan, D. Laksmanan, K. Mysalmy, P. Sivakumar, A. Sircar, “Engineering properties of concrete with partial utilization of used foundry sand”, Waste Management 71 (2018), 454-460.
[9] K. Rashid, S. Nazir, “A sustainable approach to optimum utilization of used foundry sand in concrete”, Science and Engineering of Composite Materials 25 (5), (2018), 927-937.
[10] M. Mavroulidou, D. Lawrence, “Can waste foundry sand fully replace structural concrete sand?”, Journal of Material Cycles and Waste Management 21 (2019), 594-605.
Comments