Al giorno d’oggi non viene più usato così diffusamente come in passato, ma sono sicuro che quelli che hanno qualche hanno di servizio in più sulle spale ricorderanno i “vetri retinati”. Di che si tratta? Sono fogli di vetro con “annegata” all’interno una sottile rete metallica. Lo scopo? Evitare che il vetro andasse in mille pezzi qualora dovesse rompersi. La rete aveva la funzione di tenere insieme i pezzi.
I mattoni fatti a mano nel passato così come quelli fatti tuttora in certe zone meno ricche della terra, erano e sono realizzati con la stessa filosofia: argilla mescolata con paglia per ottenere un prodotto maggiormente duttile impedendo così che il mattone si rompa con troppa facilità.
Oggi otteniamo maggiore duttilità e resistenza grazie all’integrazione di fibre nelle miscele di calcestruzzo.
Possiamo di larga massima elencare le fibre più comuni presenti sul mercato (ovviamente la lista non è completa ma le seguenti sono ancora le maggiormente utilizzate):
Sintetiche
Metalliche
Sintetiche strutturali
FIBRE SINTETICHE
Le fibre sintetiche (le più comuni sono in polipropilene) sono sottilissime al punto che in media il loro sviluppo lineare per chilogrammo è di circa 1000km; il loro diametro si attesta intorno ai 15-20 micron e normalmente sono lunghe all’incirca 1 cm.
Sono piuttosto semplici da disperdere omogeneamente nelle miscele di calcestruzzo e creano un’intricata rete interconnessa che si estende fino alla superficie. In un certo senso possiamo affermare che questa rete ricorda un po’ la rete del vetro retinato e la paglia mescolata con l’argilla dei mattoni a mano di cui parlavamo all’inizio. E’ un po’ come se le fibre formassero delle cuciture nel calcestruzzo capaci di resistere e contrastare i fenomeni di ritiro plastico (si legga anche il post “Il ritiro del calcestruzzo – parte2”) proteggendo inoltre il calcestruzzo dagli urti violenti, ad esempio di corpi in caduta dall’alto, impedendo che il calcestruzzo finisca in frantumi. Ovviamente le fibre sintetiche non fanno miracoli! Ma la differenza fra calcestruzzi fibrati e non è chiaramente visibile, anche ad occhio nudo.
FIBRE METALLICHE
Le fibre metalliche (di forme e misure diverse) sono progettate per aggiungere duttilità al calcestruzzo e contrastare efficacemente i ritiri di natura igrometrica decisamente più forti e distruttivi in confronto ai ritiri di natura plastica. Le fibre metalliche sono impiegate principalmente nelle pavimentazioni industriali sia in accoppiamento con la tradizionale rete elettrosaldata sia in completa sostituzione della stessa (maggiori dettagli sul post “Calcestruzzi per pavimentazioni industriali”, potete anche scaricare la brochure “Pavimentazioni industriali – trucchi e suggerimenti” registrandovi come membri gratuitamente). Vengono inoltre usate laddove un significativo incremento di duttilità è la prestazione ricercata.
E’ risaputo che il calcestruzzo è un materiale rigido, basti pensare a cosa accade ai provini quando sono sottoposti alle regolari prove di compressione: quando il massimo carico viene raggiunto il campione esplode letteralmente andando in mille pezzi. I provini di calcestruzzo progettato per ospitare fibre (sebbene con le stesse prestazioni in quanto a resistenza a compressione) si romperà sotto lo stesso carico ma senza esplosione e senza andare in pezzi, inoltre sarà in grado di sopportare anche un ulteriore carico senza frantumarsi.
FIBRE SINTETICHE STRUTTURALI
Hanno la stessa funzione delle fibre metalliche e sono la scelta migliore quando si devono realizzare strutture all’esterno. Infatti, alcune fibre tenderanno ad affiorare, ma non arrugginiranno mai (al contrario delle fibre metalliche). Esistono svariati tipi di differenti fibre sintetiche strutturali in commercio e talvolta queste sono anche già mescolate con normali fibre sintetiche così da avere una doppia azione sul prodotto finito.
Ad ogni buon conto, qualsiasi tipo di fibra verrà scelto, c’è qualcosa che non va dimenticato: La progettazione della miscela dev’essere specifica per il determinato tipo di fibra scelto, non è possibile semplicemente aggiungere fibre ad un qualsiasi calcestruzzo preconfezionato. Perché? Perché quando vengono immesse fibre si sta in realtà aggiungendo un nuovo componente che “richiede acqua” per così dire, ad intendere che la loro superficie verrà bagnata a spese del rapporto a/c prefissato. Questo produrrà un calcestruzzo fresco più “duro” (post “La lavorabilità del calcestruzzo”), difficoltà nel mescolare tutti i componenti, fenomeni di balling, e naturalmente un orribile risultato finale ben lontano dalle attese.
A proposito del balling: la tendenza naturale delle fibre è di rimanere “appiccicate” fra loro, quindi è piuttosto facile avere “palle” di fibre o fibre non omogeneamente disperse. Il preconfezionatore, quindi, normalmente sceglie di avere presso l’impianto di produzione un dispenser di fibre, che pesa e misura la precisa quantità e allo stesso tempo sbroglia e separa le fibre fra loro evitano la formazione di fenomeni di balling.
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