Perché gettare calcestruzzo sott’acqua? Bè di certo non è l’operazione più comune del mondo, ma talvolta, è necessario gettare fondazioni, eseguire consolidamenti, gettare una rampa o cose simili….normale calcestruzzo quindi? Assolutamente no! Verrebbe immediatamente dilavato, il che implica inquinamento (chiaramente visibile perché l’acqua si riempie immediatamente di particelle di cemento in sospensione) e, naturalmente, un immediato e irrecuperabile danno al calcestruzzo stesso.
Questo è il motivo per cui è disponibile una specifica famiglia di calcestruzzi anti dilavamento detti anche calcestruzzi subacquei. Queste miscele sono studiate per provvedere superiori valori di viscosità e coesione raggiunti anche grazie all’impiego di specifici additivi che hanno la funzione di ridurre la mobilità dell’acqua. Ovviamente, l’impiego di tali additivi porta con se anche degli “effetti collaterali” quali ad esempio la riduzione dei valori di resistenza alla compressione da imputarsi ad una maggior richiesta d’acqua ed anche l’aumento dell’aria intrappolata (tanto per sintetizzare e rimanere in linea con la filosofia di questo blog “calcestruzzo da un punto di vista pratico”) tutto questo porta alla chiara necessità di un maggior dosaggio di cemento per metro cubo, sia per mantenere il valore di a/c al livello desiderato sia per compensare quella minima parte di cemento che inevitabilmente sarà comunque dilavata. I filler sono degli ottimi alleati di questa famiglia di miscele, sia filler minerali che pozzolanici.
Il modo più comune per gettare i calcestruzzi subacquei è il cosidetto “tremie system” che implica l’uso di tubi verticali mantenuti a 40-50 cm. dal sedime di getto (e comunque sempre “immersi” nel calcestruzzo durante le fasi di getto) dotati di un imbuto fuori dal pelo dell’acqua.
La lavorabilità dei calcestruzzi subacquei (si veda anche il post “La lavorabilità del calcestruzzo” e il post “La misurazione della lavorabilità del calcestruzzo”) è un elemento importante tanto quanto lo è nel caso dei calcestruzzi tradizionali.
A maggiore fluidità corrisponde maggiore distanza di scorrimento e, ovviamente, è sempre preferibile scegliere classi di consistenza superiori o più fluide in caso di getto di strutture sottili. Quando invece si scelgono calcestruzzi più “duri” questi tenderanno ad uscire dal tubo getto restandogli piuttosto vicino il che comporta maggior lavoro per il sommozzatore che manualmente dovrà spostare il calcestruzzo gettato al fine di evitare occlusioni al tubo getto.
Decisamente più pratico è gettare con l’ausilio di una betonpompa. Il braccio della pompa può facilmente essere immerso nell’acqua e manovrato dall’esterno nei vari punti di getto.
Comunque non va mai dimenticata questa cosa: i calcestruzzi subacquei temono l’esposizione. Ciò significa “attenzione ai giunti freddi”. E’ molto facile che si sviluppino giunti freddi e quindi totale mancanza di adesione fra i vari strati di calcestruzzo durante il getto subacqueo. Per evitare che questo accada la contromisura più semplice consiste nell’immergere il tubo della pompa (o il tubo getto) nel calcestruzzo e non sollevarlo mai sopra il livello del calcestruzzo fintantoché il getto non sia completato.
Gli strumenti per la compattazione non sono comunemente usati quando si getta calcestruzzo sott’acqua, quindi potrebbe essere una buona idea prendere in considerazione calcestruzzi autocompattanti (SCC) qualora sia atteso un ottimo grado di compattazione (si leggano i post “La compattazione del calcestruzzo” e “Self Compacting Concrete”). Sempre a proposito delle caratteristiche attese da questa famiglia di calcestruzzi va ricordato che gli additivi AWA (anti washout admixtures) comunemente usati tendono a prolungare il tempo di presa e ciò potrebbe ironicamente risultare dannoso in quanto la massa di calcestruzzo gettato resta esposta al potenziale dilavamento per un periodo di tempo maggiore. E’ quindi consigliabile implementare le miscele di calcestruzzi subacquei con additivi acceleranti di presa.
Va inoltre ricordato che quando il getto è completato resta una zona debole e questa è la superficie, che resta esposta alle correnti e ad un più probabile dilavamento. Una buona pratica consiste nel coprire la superficie con dei teli a tenuta d’acqua per minimizzare questo tipo di problema.
Alcuni esempi di utilizzo dei calcestruzzi subacquei:
Fondazioni e strutture sotto la falda freatica
Strutture sommerse in laghi e bacini palustri
Strutture sommerse sugli alvei fluviali (pile di ponti ecc.)
Consolidazione di terreni sommersi o protezioni dall’erosione
Manutenzione e canalizzazione di opere idroelettriche
Ripristino e manutenzione di opere fognarie e tubazioni sotterranee
Costruzione e/o ristrutturazione, consolidamento di opere portuali, pontili ecc.
Rivestimento e consolidamento di massi per fondazioni di scogliere
Tappi di tenuta nei pozzi
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